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La Testimone – Shahed | Nader Sayevar, le parole di Jafar Panahi e un film necessario

Due donne e la ricerca di giustizia nel mondo islamico: Dal 31 ottobre al cinema con No.Mad

Una scena di La Testimone - Shahed di Nader Sayevar, dal 31 ottobre al cinema con No.Mad Entertainment
Una scena di La Testimone - Shahed di Nader Sayevar, dal 31 ottobre al cinema con No.Mad Entertainment

ROMA – «Chi tra quelli per cui ti sei battuta, ti ha mai aiutata?». A porre il quesito è un figlio tormentato e sinceramente spaventato, da una madre ormai anziana, eppure combattiva e ribelle più che mai, Tarlan (Maryam Bobani), che di fronte alla violenza impunita, al bigottismo, alla misoginia e ai deliri mistici, ormai imperanti nella popolazione iraniana d’oggi, non intende affatto arrestare la propria battaglia, a costo di sacrificare sé stessa e quel poco che ancora le resta. Protagonista dalla morale di ferro e simbolo fin da ora di un cinema d’impegno sociale, necessario e fortunatamente duro a morire, nonostante i numerosissimi arresti – tra questi, Jafar Panahi, detenuto dal 2022 al 2023, nonché co-sceneggiatore e montatore del film in questione -, Tarlan è l’incrollabile pilastro sul quale La Testimone – Shahed, il terzo lungometraggio da regista di Nader Sayevar, si poggia, consapevole di non crollare mai. L’obiettivo di Tarlan, così come di Sayevar e Panahi è resistere e affrontare a muso duro, ma pur sempre civilmente, le ingiustizie di un sistema corrotto e disumano, che punisce chi sceglie di vivere, assolvendo invece, chi in preda agli istinti e alla rabbia, agisce causando la morte e l’inevitabile sofferenza a tutti coloro che restano.

Un momento di La Testimone - Shahed
Un momento di La Testimone – Shahed

Distante dalla matrice documentaristica del cinema ultimo di Jafar Panahi, il film di Sayevar, guardando alla rabbia giovane e femminile propria de Il Cerchio, terzo lungometraggio da regista di Panahi e vincitore del Leone d’Oro al miglior film alla 57ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, si fa ben presto cinema sul femminile, per il femminile, pur necessario ad un pubblico universale, dunque appartenente a qualsiasi genere e identità. In quanto manifesto brutale e incrollabile di un diritto inalienabile, che coincide con la libertà. Un diritto che però, guardando alle cronache recenti, mostrate sempre più raramente sia dal cinema, che dalla televisione internazionale, poiché in modo differente vetrine e megafoni messi al bando o quasi, risulta fin troppo spesso dimenticato, o addirittura rimosso dallo stato iraniano. Favorendo una pratica disumana di punizione, violenza cieca e intolleranza bigotta, il cui unico scopo, non può che essere la privazione di ogni diritto, specie femminile, di fronte al potere unico della fede, che dovremmo però chiamare con il suo nome effettivo, dunque follia.

La Testimone - Shahed di Nader Sayevar, dal 31 ottobre al cinema con No.Mad Entertainment
La Testimone – Shahed di Nader Sayevar, dal 31 ottobre al cinema con No.Mad Entertainment

Ciò che più colpisce, via via che la narrazione e così gli interpreti de La Testimone – Shahed, si immergono nel realismo crudo, disperato e spaventoso dell’Iran che il film racconta e che coincide di fatto con l’oscuro e abietto paese dei notiziari d’oggi, non è tanto l’omicidio svelato parzialmente nel corso della prima parte del film e osservato di nascosto dalla protagonista Tarlan, piuttosto la capacità degli uomini di modellare la verità a loro piacimento. Piegandola alle necessità più disturbate, sciocche e demenziali possibili. Le stesse che però divengono verità e non menzogne, come quelle raccontate e manifestate dalle donne. Uno scontro d’opinioni, che si fa immediatamente scontro di genere. Uomini che odiano le donne, pur fingendo d’amarle, ma come? Celandole sotto un velo? Se la dinamica non risultasse così spaventosamente reale, ci sarebbe di che ridere.

Una scena del film
Una scena del film

Eppure, come giusto, non ci è concesso alcun sollievo. Qui c’è una giovane donna, che a causa della propria passione per la danza, perde la vita, nonostante una figlia da crescere e una madre d’adozione, che non ha mai smesso d’amare. Ancora una volta, gli uomini, i reali carnefici, restano impuniti. Ma se un’altra donna cominciasse a parlare? In quel caso e solo in quel caso, tutto forse potrebbe cambiare ed esprimersi finalmente nella danza. Di vita principalmente e poi di morte, questa volta non più ingiusta e disumana, piuttosto di riscatto e doverosa vendetta. La testimone – Shahed di Nader Sayevar è un esempio di incrollabile cinema iraniano low budget, che nonostante i propri ed evidenti limiti di messa in scena, risulta capace di raggiungere risultati insperati, facendo udire internazionalmente il proprio grido di rabbia e d’aiuto. Così da potersi esprimere liberamente, senza più correre il rischio di ingiuste detenzioni, o addirittura disumane e carnali pene di stato, tra le quali assassinii, torture e violenze sessuali. Ottima la prova interpretativa di Maryam Bobani. Un film destinato a non lasciare indifferenti.

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