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Da Il Figlio di Saul a Tramonto: il cinema avvolgente e politico di László Nemes

In sala solo il 4, 5, e 6 febbraio, il nuovo film del regista ungherese è una lucida riflessione sull’Europa

Tramonto, una scena dal set.
László Nemes e Julie Jakab sul set di Tramonto.

Da un lato il progresso tecnologico e scientifico, la varietà artistica, la lenta ripresa economica di alcuni Stati, dall’altro la minaccia della Brexit, il populismo, le fake news, le proteste dei gilet gialli, il dramma (inascoltato) dei migranti e lo spettro di un fascismo mai realmente estirpato. L’Europa nella quale viviamo sembra seduta su una bomba ad orologeria pronta a sgretolarsi sotto il nostro sguardo sempre più distratto dai social, che guarda ma non vede. László Nemes, al suo secondo lungometraggio dopo il Golden Globe e l’Oscar come Miglior Film straniero per Il Figlio di Saul, firma con Tramonto – in sala solo il 4, 5 e 6 febbraio – un parallelo lucidissimo tra L’Europa dei primi Anni Dieci e quella del XXI secolo.

Il figlio di Saul, un'immagine dal dietro le quinte.
Dietro le quinte de Il figlio di Saul.

Lo fa ambientando il suo film nella Budapest del 1913, sua città natale oggi piegata dalla politica nazionalista di Viktor Orbán, Primo Ministro ungherese. Protagonista Irisz Leiter (Julie Jakab), giovane modista che torna nella capitale ungherese per rispondere ad un annuncio di lavoro della cappelleria un tempo appartenuta ai suoi genitori, morti quando era solo una bambina. Trova una città vibrante in cui si intrecciano lingue e culture diverse ma in cui si muovo anche correnti oscure decise a rovesciare l’Impero Austro-ungarico e il suo sfarzo decadente.

Tramonto, una scena del film.
Julie Jakab è Irisz Leiter in Tramonto.

Una civiltà fotografata in un momento di transito, dunque, in cui la storia personale di Irisz, sulle tracce dei fantasmi del suo passato, s’intreccia con la Storia dell’Europa e del suo suicidio che di lì a poco l’avrebbe vista sprofondare nel buio della Prima Guerra Mondiale, aprendo ad un secolo di totalitarismi, conflitti e divisioni. Se con Il figlio di Saul, debutto folgorante e opera tra le più rilevanti dei primi Anni Duemila, Nemes ha raccontato i campi di sterminio nazisti attraverso lo sguardo e il privato del suo protagonista, interpretato dal poeta Géza Röhrig, qui ne mette in scena il seme da cui tutto avrà inizio.

Tramono, una scena dal dietro le quinte.
László Nemes tra le comparse di Tramonto.

«Da bambino ascoltavo le storie di mia nonna, nata nel 1914. La sua vita si era svolta per tutto il secolo, preso nel tumulto del continente europeo, attraversato da tutti i regimi totalitari, dai genocidi, dalle rivoluzioni fallite e dalle guerre. Lei è stata, per certi aspetti, l’Europa stessa», racconta Nemes a Variety, «E l’Europa, in pochi decenni, ha dimostrato l’ascesa e la caduta della civiltà umana. Le mie radici europee mi hanno spinto a farmi delle domande sull’epoca che stiamo vivendo e su quelle dei nostri antenati: quanto possa essere sottile la vernice della civiltà e che cosa ci sia sotto. Viviamo in un mondo non troppo distante da quello che precedette la Grande Guerra del 1914. Un mondo cieco di fronte alle forze della distruzione che nutre nel proprio nucleo. La storia è adesso, e nell’Europa centrale».

Tramonto, una scena dal set.
Una scena dal set di Tramonto di László Nemes.

Un cinema personale e politico quello di László Nemes che nel ricostruire il passato parla (anche) del presente attraverso le vite dei suoi personaggi. Un uomo e una donna, Saul e Irisz, pedinati dalla macchina da presa che ne cattura la soggettiva, il respiro, l’inquietudiene. Una regia immersiva, avvolgente, fatta di piani sequenza, primissimi piani e long take e in cui il suono circostante gioca un ruolo centrale. Simili nella forma Il figlio di Saul e Tramonto si differenziano nella narrazione. Se il debutto di Nemes aveva un eco documentaristico, con il suo secondo lungometraggio il regista mette in scena un romanzo cinematografico volutamente elusivo nella trama.

Tramonto, una scena del film
Julie Jakab in una scena del film.

La sua Irisz vive un percorso di formazione dai contorni enigmatici, in cui le sue domande rimangono spesso senza una risposta precisa. Una scelta registica dettata dalla confusione del periodo storico in cui la protagonista si muove e alle cui spalle costruisce una coreografia di movimenti complessi, spesso fuori fuoco ma fondamentali per sottolineare lo stato febbrile della Budapest del ’13 che coincide con il suo stato emotivo. Così Tramonto, omaggio nel titolo a Sunrise, capolavoro di Friedrick W. Murnau del 1927, racconta sì del declino di un’Europa simboleggiata dalle raffinate linee dei cappelli realizzati da Irisz ma anche del personale bivio davanti cui si ritrova la giovane modista. «Tu ci hai risvegliato».

Qui potete vedere il trailer di Tramonto:

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