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Esterno Notte di Marco Bellocchio, o della vita e dell’amore in un’opera assoluta

Film o serie? Poco importa: il regista ridefinisce il concetto di tragedia. E Fabrizio Gifuni è eccezionale

Esterno Notte di Marco Bellocchio
Esterno Notte di Marco Bellocchio. Foto di Anna Camerlingo

ROMA – La dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio: Esterno Notte di Marco Bellocchio annulla le etichette di genere diventando la prova definitiva che cinema e serialità sono la stessa cosa quando i fili del racconto sono agganciati alla qualità artistica, ad una narrazione marmorea e ad un estro visivo potente. Del resto, non poteva essere altrimenti: la Via Crucis di Aldo Moro, vista dalla prospettiva di Bellocchio, è meno ideologica rispetto a quella messa in scena nel 2003 in Buongiorno, Notte e, per questo, diventa ancor più poderosa nella sua intima ricerca della Pìetas. Sentimento inventato da quella tragedia greca che faceva dell’uomo – e dei suoi valori – la luce perpetua che indicava il cammino. Un film in due parti, una serie in sei episodi a loro volta divisi in tre, oppure viceversa. Poco importa.

Fabrizio Gifuni nel ruolo di Aldo Moro in una scena.

Prima di tutto e oltre tutto Bellocchio – che ha scritto l’opera insieme a Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino su produzione di The Apartment – ci porta davvero nel 1978, in un’Italia oscura e divisa da una guerra civile ed classista. Abbracciando, e addirittura rielaborando, i massimali della stessa tragedia greca, quella che poi l’autore mette in scena contrapponendo la realtà al sogno, la certezza all’immaginazione. Un comizio, le pallottole, la pazzia, i giornali, un credo perverso. E poi gli USA e l’URSS, il sangue a colori, una prigione, un appartamento, i segreti di Roma, un papa minore, una Renault rosso papavero. In mezzo, un mucchio selvaggio e la Storia schiacciata da una tempesta perfetta capace di ingoiare e rigurgitare l’utopia politica e la rabbia popolare, esaltata da una religione forsennata predicata tramite il terrore.

Esterno Notte di Marco Bellocchio
Toni Servillo e Margherita Buy in un momento di Esterno Notte

Al centro, la rivoluzione di un uomo dalla forte responsabilità morale e sociale che, il genio di Bellocchio, suddivide in un tempo artistico scandito da lettere e incubi, da volti e parole: l’Aldo Moro di Esterno Notte, suggellato e impreziosito dalla caratterizzazione meticolosa di un attore incredibile come Fabrizio Gifuni (per chi scrive, è per distacco il miglior interprete italiano), per volere di Bellocchio è la presenza onnisciente e l’idea fissa e fisica. Appare e poi si inabissa, tornando solo per andarsene in un incrocio di sonno e veglia in cui l’Italia celebrerà il funerale di uno Stato capace di spezzare e annullare sé stesso in funzione di una visione codarda e beffarda. Per questo la camera di Bellocchio si sofferma sugli occhi, sui corpi, sulla schizofrenia fluida dell’opinione pubblica e cattolica.

esterno notte
Fausto Russo Alesi interpreta Francesco Cossiga. Foto di Anna Camerlingo

Attenzione, però: quello che vuole fare Bellocchio non è un processo alla classe politica (pur caricando loro di un peso che negli anni non accenna a diminuire) bensì si concentra sul racconto emotivo dei fatti e delle divagazioni, con la politica che entra (solo) per tracciare eventi, svolte, pruriti. Come detto resta la pietà, il tutto su un equilibrio temporale che non doveva essere ripetitivo, e mai lo è. Nemmeno per un secondo Esterno Notte manca di coraggio o di visione, nemmeno per un secondo dubitiamo di ciò che Bellocchio ci mostra in un flusso incessante di immagini e sensazioni (abbiamo avuto la fortuna di assistere all’opera nella sua completezza, per ben sei ore filate). Se è sorprendente la capacità del regista di rinnovarsi, è altrettanto straordinaria la sua onestà intellettuale nel lasciare spazio ad ogni tassello di un dramma umano prima che pubblico: ed è nel segmento filmico dedicato ad Eleonora Moro (Margherita Buy) in cui è racchiuso il senso e lo zenit di un’opera che, fin dall’inizio, parla di vita e di amore.

Gabriel Montesi, Davide Mancini, Daniela Marra in un altro passaggio.

È questa la rivoluzione artistica e politica di Bellocchio e di Gifuni, è questa l’estasi in cui l’odio terroristico e demente delle BR (ratificato sui volti tesi di Adriana Faranda/Daniela Marra e di Valerio Morucci/il sempre grande Gabriel Montesi) viaggia parallelo ad una classe dirigente che ha coscientemente scelto un martire da sacrificare in un giorno di maggio (e il livido e “bipolare” Cossiga di uno meraviglioso Fausto Russo Alesi ne è il manifesto), mentre l’Italia era stata lentamente fatta a brandelli da uno “stridente silenzio” che urlava tramite una cabina telefonica della Stazione Termini. Tutto finisce lì. Tutto inizia lì. La notte diventerà, poco a poco, un nuovo giorno, il tempo si dilata e la Storia inizierà a deliberare la sua sentenza. Per questo, nella sua naturale intimità e nel suo categorico rispetto, Esterno Notte è dramma che si trasforma in amore. Un amore assoluto, ribelle, immortale.

  • VIDEO | Qui potete vedere il trailer di Esterno Notte:

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