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Better Call Saul 6 – Parte 1 e l’attimo che anticipa il finale di una serie ineguagliabile

Lo show AMC con Bob Odenkirk? Non chiamatelo più spin-off: è grande letteratura americana

Better Call Saul 6. Ad un passo dalla fine
Better Call Saul 6. Ad un passo dalla fine

ROMA – L’inizio della fine, o se volete la fine dell’inizio. In mezzo, la trascrizione esatta degli elementi tragici, ossia quelli radicati nella tragedia greca. Il senso drammatico rielaborato nel valore assoluto del mito e dell’epica (e lo sappiamo quanto gli USA abbiano la loro epica nello sport e nell’intrattenimento), mentre il valore del racconto si fa via via sempre più sottile in un universo brutale e, ormai, definito. Oltre i confini – qualora non fosse già abbastanza chiaro dalle ultime, stupefacenti puntate della quinta stagione – osserviamo la catarsi e la metamorfosi di Jimmy diventato Saul e di Saul diventato Jimmy. Dai primi istanti la resa dei conti, il giro di una boa spinta in alto mare: in Better Call Saul 6 – Parte 1 si percepiscono subito le possibilità narrative, espanse e contratte in uno show incredibile e meticoloso, che ora ha il complesso compito di riallacciare i personaggi disseminati in un’opera d’arte lunga oltre sei anni.

Bob Odenkirk in Better Call Saul 6
Bob Odenkirk in Better Call Saul 6

Perché Better Call Saul ideata da Vince Gilligan e Peter Gould per AMC (in Italia su Netflix) è a conti fatti considerabile come una sorta di grande romanzo americano. Letteratura sopraffina e archetipi precisi che si incontrano e si alternano su più linee e più segmenti. La sua corsa, che con la prima parte di Better Call Saul 6 sta volgendo al termine (e lo diciamo quasi piangendo), non ha mai abbandonato la coerenza iniziale. I protagonisti non hanno perso un colpo, e di riflesso la scrittura non hai mai avvertito nessuno tipo di scricchiolio: semmai, i personaggi e il mondo in cui abitano sono diventati più ricchi e complessi, sfruttando a loro piacere il tempo che il pubblico gli ha dedicato. A cominciare, ovviamente, da Bob Odenkirk. A lui e al suo Jimmy gli si vuole un bene fortissimo. È strano, ma seguendo il suo viaggio (e conoscendo parte della sua evoluzione in Breaking Bad) entriamo in stretta connessione con lui, come se fosse un mentore disfunzionale che ci aiuta a capire meglio la vita, a sfruttare le difficoltà per creare qualcosa di sorprendente.

Rhea Seehorn è Kim Wexler
Rhea Seehorn è Kim Wexler

Perché poi il senso profondo di Better Call Saul risiede in questo: l’ordinario che diventa straordinario. Uno spiantato avvocato del New Mexico arrivista ma nobile che, suo malgrado, si ritrova puntualmente nel posto giusto al momento sbagliato, affrontando prima un fratello psicolabile e invidioso e poi un pericoloso cartello messicano. Jimmy (o Saul) è quindi l’emblema di una certa America, arroccata sull’essenza stessa della libertà e della realizzazione personale, senza però dimenticare la strada lasciata alle spalle. Strade e personaggi, allora, loschi affari e contraddizioni, anima, imbrogli, arringhe e pallottole. E poi il cielo su Albuquerque che diventa nero, e si carica di pioggia, bagnando il fuoco e la furia di un cattivo eccezionale come Lalo Salamanca (Tony Dalton) intenzionato a chiudere i conti criminali con Gus (Giancarlo Esposito), con Jimmy e con Kim (Rhea Seehorn).

better call saul
Lalo Salamanca alias Tony Dalton

Ecco, Kim. Personaggio nevralgico della serie, sfumato, indecifrabile. È la coscienza e l’amore di Jimmy, è la giustizia consapevole che non rinnega il compromesso sporco. Kim, nei suoi silenzi, nelle sue svolte, è Better Call Saul e Breaking Bad messe insieme. Così, la domanda che ci attanaglia e ci tormenta dalla primissima puntata: cosa le succederà? Lo sapremo, e dovremmo preparaci a tutto. Siamo agli ultimi capitoli di un libro folgorante, l’aria sta cambiando e la perifrastica anticipa la catarsi. Noi, così come i personaggi della serie, ci rendiamo conto di aver raggiunto un punto di svolta: Jimmy McGill deve abbracciare la sua prossima vita come Saul Goodman, enfatizzando e determinando il passaggio inevitabile da Better Call Saul a Breaking Bad. E in Breaking Bad non c’è spazio per Kim Wexler. Anzi, non c’è più spazio per i ritagli appartenuti a Jimmy, e anche l’odore di tequila da un vecchio tappo di Zafiro Añejo appare solo come il riverbero di un passato sepolto e illusorio.

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Jimmy e Kim in un momento della serie

Mentre sullo sfondo cominciano a crollare le certezze e il senso di sopravvivenza si fa più feroce, l’inizio della fine è inevitabilmente sovrastato dalla tensione: si punta su Jimmy, ma la messa in scena insegue parallelamente le figure di Nacho (Michael Mando) e di Mike (Jonathan Banks). Sopra la scrittura, come nelle altre stagioni di Better Call Saul, la solita e ineguagliabile cura dei dettagli e dell’immagini, confermandosi come una delle migliori serie televisive della storia. E ora, ad una manciata di pagine dall’epilogo, quando l’irrequietezza è esplosiva e il dolore smuove la tragedia, prevalgono gigantesche le ossessioni di Jimmy McGill. Perché il destino è scritto e non si può cambiare, il futuro arriva spietato e le ombre del deserto si fanno più lunghe. La sabbia si alza e l’orizzonte trema di calore. Manca una pagina, soltanto una. L’ultima parola è nascosta dietro all’ultimo barlume di speranza. Quella speranza che, da sempre, è protagonista della letteratura degli Stati Uniti d’America. E non poteva non esserlo anche in Better Call Saul. Eccolo, il paragrafo finale ad un istante da una atroce rivoluzione.

Qui il trailer originale di Better Call Saul 6:

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