Andrea Morandi MILANO – Maglietta nero con collo alto, collanina in bella mostra e capelli bianchi pettinati all’indietro, Baz Luhrmann sembra oltremodo elettrizzato in collegamento dagli studi della Warner Bros. di Los Angeles. Dopo oltre quattro anni di lavorazione è finalmente arrivato il momento del primo trailer di Elvis, monumentale biopic su Presley e sul suo mito. «Che dire? Solo che è stato un enorme privilegio poter entrare nel mondo di Elvis. Questo trailer è una porta. Un invito per vedere a cosa sto lavorando da anni…». Così, dopo Shakespeare, Giuseppe Verdi e F. Scott Fitzgerald, per il sesto film in trent’anni il regista australiano ha deciso di osare ancora mettendo le mani su un’icona assoluta in un biopic che uscirà al cinema il 24 giugno. E se il giovane e sconosciuto Austin Butler sarà Elvis, Tom Hanks nel ruolo del Colonnello Parker è già destinato a una nomination all’Oscar. Ecco cos’ha detto Luhrmann durante la conferenza stampa.
ELVIS & SHAKESPEARE – «William Shakespeare non ha scritto Riccardo III per parlare unicamente di re Riccardo e delle sue gesta, ma lo ha usato come tela di un dipinto su cui raccontare poi molto altro. Ha fatto quello che fanno i grandi autori: prendere una vita e renderla universale, in modo che chiunque ci si possa specchiare dentro. Girando Elvis ho cercato di fare la stessa cosa: ho usato il suo mito per esplorare l’America degli anni Cinquanta, degli anni Sessanta e dei Settanta. Elvis ha vissuto quarantadue anni, ma dentro ci sono tre esistenze differenti e tre Americhe differenti. Anche e soprattutto culturalmente…».
IO & ELVIS – «Stare dentro il mondo di Elvis è stato fondamentale, un privilegio unico. Diciotto mesi trascorsi tra Graceland, Memphis e Nashville a fianco di Austin (Butler, nda) dentro gli studi in cui ha registrato. Siamo stati alla Sun Records, dov’è cominciato tutto, cercando di capire com’è partito tutto. Elvis era rock, ma era anche punk. Elvis scioccava le persone le prime volte che si esibiva, perché? E come riuscire poi a traslare quello scandalo nel mondo contemporaneo dove abbiamo già visto tutto? Una cosa è stata subito chiara: Austin non doveva imitarlo, ma impersonificarlo, umanizzarlo, rivelare la persona dietro il mito».
IO & TOM – «Tom Hanks ha un ruolo chiave: il Colonnello Parker è l’uomo che ha gestito Elvis durante tutta la carriera e quello che cercato di fare è stato costruire un personaggio interessante, vero. Sì, è un cattivo, probabilmente, ma dal suo punto di vista lui direbbe che ha cercato di fare sempre il meglio per Elvis. Quando comincia a salire la febbre per il fenomeno Elvis, Parker ammette immediatamente di non avere orecchio per la musica, ma capisce quello che Elvis fa alla gente, osserva l’isteria e pensa a cosa potrebbe fare. Vede la vicenda dal suo punto di vista, allo stesso modo di come Nick Carraway raccontava Il grande Gatsby dalla sua prospettiva…».
BLACK SOUND – «Nel film ho anche voluto raccontare l’influenza della comunità nera su Elvis perché è molto importante: in una scena vedrete Elvis e la madre, soli a Tupelo, in mezzo alla comunità nera. Sono parte di quella comunità. E poi vedrete Memphis, Beale Street, la cultura black, la partenza e poi il ritorno di Elvis al gospel, un suono per lui fondamentale e rivelatorio. Non sono aspetti marginali, ma centrali, e andavano raccontati. Io sono cresciuto a Herons Creek, un posto piccolo e sperduto dell’Australia, un posto come Tupelo, e quando sono andato a Parigi la prima volta l’ho vista come Elvis ha visto Memphis…».
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