ROMA – Bella, selvaggia e magnetica come la natura incontaminata della sua Sardegna, Anna vive al ritmo del respiro della terra, una terra che cura le sue ferite e nutre la sua anima. Le esperienze difficili che ha attraversato l’hanno segnata, ma non piegata e oggi Anna è una donna libera che non vuole più avere paura. Nell’angolo remoto dell’isola dove gestisce la piccola fattoria che era del padre, il tempo sembra essersi fermato e la presenza di Anna con la sua energia erotica e il suo coraggioso rifiuto delle convenzioni, ha la potenza di una mina pronta a esplodere. Quella terra aspra la protegge, fino al giorno in cui sarà lei a doverla proteggere dai mostri meccanici che vogliono violentarla.
Salvare la bellezza e preservare la sua libertà si fondono nella battaglia di Anna, imponendole scelte difficili e rinunce dolorose. Perché niente può comprare il rispetto di sé stessi e delle proprie convinzioni. Parte da qui Anna, il nuovo film di Marco Amenta con protagonisti Rose Aste, Marco Zucca e Daniele Monachella, al cinema con Fandango a partire dal 13 giugno. Su ammissione dello stesso Amenta, un’opera ispirata a fatti realmente accaduti: «Anna è una storia di resistenza contro il potere ispirata a una storia vera accaduta in Sardegna qualche anno fa. Il potere spregiudicato di un capitalismo cieco pronto a distruggere tutto si rispecchia nel potere di una società maschilista e prevaricatrice, combattendo l’una la protagonista combatte anche l’altra».
Una narrazione forte, su prevaricazione e potere, capace di unire capitalismo e maschilismo, che come la storia – e la vita nel suo piccolo ci insegnano – tendono spesso a coincidere. Da qui la forza di Anna e di una reazione che diventa battaglia per il proprio destino e la salvezza della propria anima: «La lotta per la sua salvezza personale diventa malgrado lei, e senza alcuna ideologia, una battaglia per la difesa dell’ambiente e una feroce resistenza alla violenza e al maschilismo. Anna è una donna che non vuole abbassare la testa, non vuole essere una vittima ma non è nemmeno un’eroina, per me era importante tratteggiare il ritratto di una donna reale, piena di difetti e fragilità, senza stereotipi».
È reale Anna. Amenta ne dipinge i contorni caratteriali mostrandocela come una donna dal passato difficile, vittima di un dolore praticamente impossibile da elaborare e di cui porta le cicatrici addosso. Ciò che è rimasto, ad Anna, sono la terra, le sue capre, l’attività di prodotti caseari e un equilibrio vitale precario fatto di scelte – alcune anche difficili e sconvenienti agli occhi altrui – che la rendono autentica, ma soprattutto libera come pochi altri personaggi del cinema italiano contemporaneo. A portarla in scena è una Rose Aste in odore di consacrazione, intensa – tanto fragile quanto combattiva – che nei panni martoriati della protagonista diventa carne e sostanza di un Anna canto indomito di speranza e forza contro i soprusi del mondo.
Perché in quella presa di posizione, resa da Amenta nella forme di una battaglia postmoderna degna dei biblici Davide e Golia, intrisa di poesia e dolore nelle sue immagini ruvide, senza filtri, stringenti e camera a mano, non c’è solo il controllo della terra, la dicotomia tradizione-innovazione e la modernità che avanza contro il tempo che si ferma, c’è il difendere i propri ideali, il lottare per ciò per cui si crede al prezzo (caro) di sangue, sudore e urla, lo spingersi fino al limite ultimo umano e possibile e il non lasciare che in nessun modo alcuno, la propria anima possa essere sporcata – corrotta – dall’agire cieco e vile.
Ma soprattutto c’è la storia e con essa il rispetto di vincoli figli di un altro tempo storico, fatti solo di onore, fotografie e strette di mano. Un’opera, Anna, che come solo il grande cinema sa fare, trasla il particolare della propria, piccola, narrazione, all’universalità della vita e del mondo, scaldando il cuore degli spettatori. Una lezione di vita, un monito per tempi altri: un’esperienza cinematografica da non perdere!
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