in

Alejandro G. Iñárritu: «Bardo e quel cinema come un grande sogno illogico»

Il regista messicano racconta il suo film. Tra ispirazioni, (il)logica cinematografica e Federico Fellini

Daniel Giménez Cacho e Alejandro González Iñárritu sul set di Bardo
Daniel Giménez Cacho e Alejandro González Iñárritu sul set di Bardo

VENEZIA – Visivamente folgorante, narrativamente sorprendente. Alejandro G. Iñárritu torna dietro la macchina da presa con Bardo, La Cronaca Falsa di Alcune Verità, intraprendendo (e facendoci intraprendere) un viaggio fuori dai confini delle regole, inseguendo la catarsi di Silverio, un giornalista e documentarista messicano che vive a Los Angeles. Un film di ricordi e di memorie, sospese nel percorso dell’uomo, costretto aa tornare nel suo paese natale. Come tutti, anche Silverio sbraccia e insegue le utopie attorno alle domande esistenziali, facendoci riflettere – di rimbalzo – sulla nostra identità più profonda. «Viviamo in un mondo molto fittizio in cui la realtà è inesistente. E credo che, almeno alla mia età, ci si renda conto che tutte le narrazioni, tutte le storie e i ricordi sono solo un tentativo di dare un senso alla propria vita», ha raccontato il regista, quando lo abbiamo incontrato a Venezia 79, dove ha presentato in Concorso il film, prima di arrivare su Netflix.

REALTÀ VS FINZIONE – «Gli eventi che accadono o che sono accaduti sono stati interpretati sulla base della propria cultura, delle proprie convinzioni in quel momento, delle proprie idee, delle proprie emozioni, del proprio sistema nervoso. Per un’altra persona, quello stesso evento può essere interpretato in modo completamente diverso e lasciare un’interpretazione diversa. Ed è per questo che il protagonista ha detto che il ricordo non ha verità, ha questa certezza emotiva. Quindi non avrei mai tentato di fare qualcosa di biografico. Per me è una specie di cerchio rotondo, come il film, come un’emozione, è più un tentativo emotivo di dare un senso alle cose che non hanno senso. Non c’è logica in questo film».

Sul set di Bardo
Sul set di Bardo

IL SUCCESSO – «Per me il successo è stato agrodolce, perché in un certo senso ti trovi in una posizione privilegiata e in una posizione di blocco, ma allo stesso tempo ti ritrovi con molti obblighi, molte aspettative. E questo ti mette nella condizione di dover andare ancora più a fondo. E si ha la sensazione che nulla sia sufficiente. Ma è vero anche che la tua vita personale in un certo senso richiede il tuo tempo».

IL RIMPIANTO – «Il cinema è un’attività artigianale molto intensa e faticosa. Ti richiede molto. È molto fisico e intellettuale e, almeno nel mio caso, avrei potuto o voluto passare più tempo con la mia famiglia, anche se loro viaggiano con me e siamo stati molto vicini. Ma a volte ci si perde, le cose passano molto velocemente. Ti perdi nella tua mente, nelle tue cose e ti perdi un po’ del momento presente. E credo che tutti noi, in un certo senso, abbiamo a che fare con questo. Forse come giornalista devi viaggiare, lavorare molto e quindi ti perdi delle cose. E questo è un po’ il rimpianto. Questo è ciò che penso, che la tua vita inizia a essere secondaria per il tuo lavoro. Ci vuole tempo per capire che forse quando si è giovani si vuole conoscere il mondo, e poi ci si rende conto che è relativo. C’è una sorta di rammarico per questa cosa che abbiamo in comune. C’è una strada più breve davanti a me rispetto a quella che ho percorso. Quindi sì, credo che a volte questo inviti inevitabilmente a guardarsi dentro. E credo che questi 50 o 60 anni siano un buon momento per fare una sorta di revisione».

Una scena di Bardo
Una scena di Bardo

BARDO E BIRDMAN – «Il punto di svolta nella mia vita è stato nel 2012, quando ho iniziato a fare molti incontri quotidiani con un monaco vietnamita. Questo mi ha permesso di vedere i miei pensieri in modo molto chiaro. E questa è una pratica che credo abbia dato i suoi frutti nel corso degli anni, permettendomi di ridere di me, dei miei pensieri, delle mie convinzioni e di condividerle senza paura ma con onestà. Ed essere pronti a liberarsi da ciò che è stato costruito internamente e intimamente nella vostra vita, mentre viviamo la nostra vita, è importante. Questo ha a che fare con il fatto che forse Daniel Giménez Cacho in BARDO ha qualcosa in comune con Keaton in Birdman, ma credo pure che in un certo senso questo personaggio sia simulato, non reagisce, risponde. Michael Keaton in Birdman reagisce in modo diverso. È molto più reattivo, invece questo ragazzo è un osservatore».

FELLINI E LA LOGICA – «Ci sono dei maestri. E credo che Fellini sia stato uno di loro. Così come Luis Buñuel. Ci aiutano davvero a capire come il cinema possa essere usato come un sogno. Perché i sogni non hanno il tempo e lo spazio che si fondono. Sono liquidi. E proprio il film fonde la visione del tempo e dello spazio. Quindi sia i sogni che i film hanno la stessa natura e sono molto importanti, almeno per la mia generazione. Andare al cinema e arrivare lì, entrare nel grembo di una madre. È stata una trasformazione, perché ha cambiato il mio modo di sognare, il mio modo di pensare. Perché giocare con il tempo e lo spazio cambia il tuo subconscio. Quindi in questo film cerco di non essere logico. La logica non ha spazio in questo film».

  • NEWSLETTER | Iscrivetevi qui alla newsletter di Hot Corn!

Qui sotto potete vedere il trailer di Bardo:

Lascia un Commento

Margot Robbie, Greta Gerwig e una strana Barbie femminista. Ma cosa vedremo?

Natale a tutti i costi

Natale a tutti i costi? Una commedia divertente lontana dalle atmosfere del cinepanettone