ROMA – Francia, XVIII secolo. Il mare è tempestoso. Una giovane donna su una barca deve raggiungere un’isola, ma un’onda fa cadere in acqua le sue tele. Si tuffa per recuperarle, mentre gli uomini che remano stanno fermi senza aiutarla. È folgorante la prima sequenza di Ritratto della giovane in fiamme, un micro racconto che Céline Sciamma mostra per mettere subito in chiaro uno dei suoi obiettivi: in questa storia uomini e donne sono universi distanti. I primi sanno essere solo spettatori disinteressati di uno spettacolo seducente, ma incomprensibile. Come incomprensibile è l’amore che lega la pittrice Marianne (Noémie Merlant) ed Héloïse (Adèle Haenel), promessa sposa per volontà della madre ad un nobile milanese, per questo obbligata a posare per un dipinto che sarà dono di nozze al futuro marito.

La ragazza si rifiuta, come aveva fatto prima di lei la sorella, morta forse suicida. Ma davanti a Marianne, di cui ignora la vera identità sempre per scelta materna, sente di poter essere sé stessa. L’artista la scruta giorno e notte e prova a catturare l’essenza sfuggente di quella creatura misteriosa, fino a quando non dovrà dirle la verità. Allora il rapporto cambia e cresce, fino a diventare un grande amore. Un sentimento che però Marianne ed Héloïse non potranno vivere alla luce del sole, ma che esisterà in impercettibili dettagli chiari solo alle due.

Premiato a Cannes per la miglior sceneggiatura nel 2020, applaudito poi al New York Film Festival, Ritratto della Giovane in Fiamme è un distillato poetico di passioni ed erotismo, un film che si addentra nella relazione tra le protagoniste con avidità e che si concentra tutto negli occhi di Marianne, nel suo sguardo alla ricerca dei particolari da dipingere di nascosto. Irrazionale e visionario, l’universo femminile della Sciamma è totalmente autosufficiente. Ha la forza ipnotica di un coro notturno sulla spiaggia e dei sorrisi di tre ragazze socialmente distanti, l’artista, la nobile e la governante, che si divertono a giocare a carte; sa risorgere dal dolore (fisico, ma non solo) per una maternità non voluta e dissemina indizi nei quadri.

E se risulta fin troppo perfetto e controllato, il cuore del racconto si nasconde nelle fiamme che avvolgono la gonna Héloïse. Un desiderio che brucia ma non ferisce. Debitore (o amico come direbbe la Sciamma) di un capolavoro come Lezioni di piano, Ritratto della giovane in fiamme ha una compiutezza stilistica assoluta e una raffinatezza linguistica che incanta, ma finisce per chiudersi, quasi isolarsi. La Sciamma, come Orfeo davanti ad Euridice, sceglie la via del poeta, non quella dell’innamorato e preferisce incastonare nella memoria la storia di Marianne ed Héloïse.
- INTERVISTA | Céline Sciamma: «Il mio film? Un’opera femminista»
Qui il trailer di Ritratto della Giovane in Fiamme:
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