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Nostalgia di una diva: Asif Kapadia e quell’ultima melodia di Amy Winehouse

Interviste, canzoni, filmati privati: Kapadia lascia che sia la cantante a raccontare la sua storia

Amy Winehouse
Art Work: Butcher Billy

MILANO – Eyeliner, capelli cotonati e tatuaggi. Amy Winehouse sembrava uscita dalla copertina di uno di quei vinili consumati a forza di ascoltarli. Un misto tra Ronnie Spector ed una pin-up. Paragonata ad artiste come Billie Holiday e Sara Vaughan, la ragazza di Camden Town ha avuto il merito di riportare la musica jazz e soul in testa alle classifiche di tutto il mondo. Lei che, in soli dieci anni, ha rivoluzionato l’industria discografica inglese aprendo la strada a molte colleghe (vero Adele?) che senza di lei avrebbero faticato a trovare un posto in un mercato musicale costellato da cantanti pop troppo simili tra di loro.

Amy Winehouse
Amy Winehouse sul palco del Pyramid Stage a Glastonbury. Era il 2008

Ispirata dai gruppi femminili americani degli Anni Cinquanta e Sessanta come The Shirelles o The Shangri-Las, dal wall of sound di Phil Spector e dalla musica reggae, con soli due album la ragazza che aveva detto “no” alla riabilitazione è diventata un’artista osannata in tutto il mondo. «Cantare è qualcosa che è sempre stato importante per me ma non ho mai pensato che sarei finita a fare la cantautrice. Non credo che diventerò mai davvero famosa. Non sarei in grado di gestirlo. Credo che impazzirei».

Amy Winehouse
Amy Winehouse durante la notte dei Grammy del 2008 in cui vinse cinque premi

Le immagini di apertura di Amy – The Girl Behind The Name vedono una giovane Winehouse ripresa in un video casalingo che ne cattura la sua voce mentre si confida in un’intervista rilasciata ai tempi del suo disco d’esordio, Frank, quando ancora non sapeva che sarebbe diventata la moderna regina del soul. Asif Kapadia, dopo il BAFTA vinto grazie a Senna, firma la regia del documentario Premio Oscar realizzato a quattro anni di distanza dalla scomparsa dell’artista, lasciando che sia la sua stessa protagonista a raccontare una storia ricomposta tra testi, interviste e filmati privati.

Amy Winehouse
Amy Winehouse nel 2027 al London’s Music of Black Origin Awards

A chiudere il documentario un’altra canzone,Valerie, scritta dai The Zutons ma resa celebre da una cover della stessa cantante di Londra. E, ascoltandola, c’è un verso che suona triste e beffardo: «Why don’t you come on over?». Sì, perché quello che si avverte guardando, impotenti, l’epilogo di una vita fatta di mancanza ed eccessi, è il desiderio di tornare indietro e rifare tutto daccapo. Come per riavvolgere il nastro di una canzone imperfetta per reinciderla ed eliminare tutto quello che non va.

Sono proprio i testi della Winehouse a far parte della narrazione, al punto da apparire sullo schermo con la sua scrittura infantile negli appunti privati trascritti su diari. Kapadia lavora sottotraccia, portandoci verso quel finale insensato che produce nello spettatore un senso di disagio dato dall’empatia sincera che si prova per quella ragazza di Camden, imbattibile a biliardo, con la battuta tagliente e ardentemente bisognosa di amore.

Un’immagine di Amy – The Girl Behind The Name.

Visivamente figlio del suo tempo, il documentario di Kapadia, è un lungo videoclip composto da immagini rubate, dietro le quinte, registrazioni audio e riprese con il cellulare. Un tragico time lapse della vita della cantante, adolescente dagli occhi vivi e giovane donna dallo sguardo spaesato, accecata dai flash dei paparazzi per una notorietà mai chiesta, sfruttata nell’amore e derubata del futuro da un destino che non le ha dato il tempo di crescere. Il ritratto di una ragazza dalla voce unica, delicata e potente come una melodia jazz.

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Qui potete vedere il trailer di Amy – The Girl Behind The Name:

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