Ileana Dugato MILANO – L’affascinante ritorno dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne inizia in Belgio, tra il dolore e la confusione. L’Età Giovane, presentato a Cannes 72, dove ha vinto il premio alla regia, trae ispirazione da uno stretto dialogo con gli eventi della contemporaneità. Seguendo la storia di Ahmed, un giovane musulmano belga, vediamo come il ragazzo abbracci la posizione più radicale della suo credo; iniziando poi a pianificare l’omicidio della sua insegnante, decisa a voler iniziare un corso di religione musulmana a scuola, tenuto però da un non religioso.
Ricollegandosi ai fatti di cronaca degli ultimi anni, e in particolare agli attentati terroristici in Belgio avvenuti nel 2016, il film dei Dardenne (che potete rivedere su CHILI, Prime Video e AppleTV+) mette a fuoco il fenomeno dell’estremismo islamico in Europa da un punto di vista diverso. Senza citare direttamente avvenimenti o persone, sceglie invece di mostrare da vicino come avviene la radicalizzazione degli individui che ne prendono parte, alludendo anche a un discorso molto più ampio sull’educazione e su come gli insegnamenti dei cattivi maestri non debbano diventare colpe di intere comunità.
L’Età Giovane ha avuto una realizzazione travagliata. Annunciato nell’agosto 2016 al Festival del Cinema Europeo di Lima, venne accantonato per l’imponente risonanza mediatica suscitata dal tema, per poi riprendere la realizzazione due anni più tardi. I fratelli Dardenne, già conosciuti per film come Il figlio e La ragazza senza nome, mantengono il loro stile inconfondibile, caratterizzato da un crudo realismo nella narrazione e dall’impiego di attori non professionisti, riuscendo a trasformare un tema così delicato in un’opera profonda e potente. Astenendosi da giudizi, morali i registi si pongono semplicemente come osservatori, retaggio del passato di documentaristi, mantenendo sempre un certo distacco da ciò che viene mostrato.
Senza effetti speciali, quella che viene analizzata in L’Età Giovane dagli autori belgi è la psicologia del personaggio, il desiderio di bontà innata propria dell’infanzia, la fragilità e l’insicurezza di un adolescente alle prese con la realtà laica che lo circonda. Senza punti di riferimento, la battaglia di Ahmed è interiore e passa attraverso la radicalizzazione, complice anche l’imam, che con le sue prediche condanna chiunque non segua le regole della religione. L’ascesa, agli occhi della sua guida, è un tentativo di redenzione per i peccati del mondo, però mancato, che si infrange nella disperata caduta finale.
La mente e il cuore troppo presto corrotti non hanno spazio per altro, il radicalismo taglia fuori qualsiasi rapporto umano, sia che si tratti dei famigliari, degli educatori o degli amici. Ahmed si isola così in una visione del mondo in bianco e nero, ignorando tutte quelle sfumature che, alla fine, fanno parte di quel compromesso che chiamiamo vita. Tuttavia, il fallimento del piano di Ahmed e la permanenza in un istituto per minori fanno sperare che il giovane possa abbandonare il radicalismo. I Dardenne tentano anche un riscatto: ritrovare la forza dell’umanità che, per quanto oggi sembri nascosta, esiste ancora.
- I Fratelli Dardenne: «L’Età Giovane? Un film pieno di speranza»
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