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Freccia, Loris e la provincia italiana: i volti fragili di Stefano Accorsi

Accento emiliano e sorriso guascone. Così l’attore si è preso il cinema italiano, ruolo dopo ruolo

sefano accorsi

ROMA – In un’intervista di qualche anno fa, Stefano Accorsi, nel ricordare il suo debutto in Fratelli e Sorelle raccontò che Pupi Avati, al provino finale, scelse lui ed un altro ragazzo. Il migliore (l’altro) ed il peggiore (lui). Eppure il regista deve averci visto lungo se da quel ruolo in poi, ottenuto rispondendo ad un annuncio su Il Resto del Carlino, l’attore emiliano è diventato uno dei volti simbolo del nostro cinema (dentro e fuori i confini). Complici, neanche a dirlo, lo spot tormentone del Maxibon, che lo fece entrare a gamba tesa nell’immaginario pop, e gli 883, emblema musicale italiano degli anni Novanta, con il videoclip di Una canzone d’amore. A regalargli, nel 1998, il biglietto in prima classe ci ha pensato un suo conterraneo, Luciano Ligabue, che, per la prima volta, metteva da parte la chitarra per imbracciare la macchina da presa.

Stefano Accorsi nella scena del monologo finale di Radiofreccia

Il film era Radiofreccia ed il ruolo quello di Ivan Benassi, personaggio tragico e bellissimo, diviso tra un amore finito e quello, fatale, per l’ago. Vent’anni dopo il rocker emiliano l’ha richiamato in Made in Italy per interpretare Riko, alter ego del regista se la musica non avesse ridisegnato il suo destino. Un’altra storia di provincia che si trasforma in fotografia attuale del Paese. In mezzo una sfilza di titoli ed un anno, il 2001, clamoroso. Gabriele Muccino, prima di richiamarlo per A casa tutti bene, gli affida il ruolo di Carlo, giovane marito fedifrago, nel L’ultimo bacio; Ferzan Özpetek lo affianca a Margherita Buy ne Le fate ignoranti; Nanni Moretti gli ritaglia un ruolo minore ne La stanza del figlio e Marco Ponti gli cuce addosso il ritratto sgangherato (e anticipatore) di una generazione in crisi in Santa Maradona.

stefano accorsi
Una scena di Veloce con il vento

Seguono il teatro, le collaborazioni con Michele Placido (su tutte Romanzo Criminale), tanto cinema francese ed il lusso di prendere parte a progetti ironici e grotteschi come L’arbitro di Paolo Zucca. Poi c’è 1992, la serie targata Sky Atlantic, “nata da un’idea di Stefano Accorsi” (altro tormentone degno del Maxibon), che racconta gli anni bui di Tangentopoli attraverso la figura del Don Draper italiano, il pubblicitario Leonardo Notte. Ma il ruolo che forse mette tutti d’accordo è quello Loris “il Ballerino”, l’ex pilota di rally di Veloce come il vento di Matteo Rovere. Loris e l’accento emiliano, i “vacca boia”, il volto scavato ed i denti marci per la droga, “un disperato vero” che odia le curve tonde e al quale la vita dona un’altra possibilità. Un Accorsi inedito che abbandona le nevrosi e (ri)abbraccia le fragilità. Le stesse di vent’anni prima, di quel “buco grosso dentro” che inghiottì il suo Freccia.

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