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Fango, sangue e leggenda: perché Il Primo Re può già diventare il film del 2019

Tra mito e storia: la nuova opera di Matteo Rovere, in sala il 31 gennaio, promette di essere enorme

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Una scena de Il Primo Re di Matteo Rovere. In sala dal 31 gennaio.

ROMA – «Ma come sta il cinema Italiano?». Fatidica domanda che, puntualmente, torna ogni volta che si affronta lo spinoso discorso delle nostre produzioni. «Sta vivendo una rinascita», tra le risposte che ultimamente vanno per la maggiore, ma i realisti optano per un vago: «Sta bene, ma potrebbe andare meglio». Anche perché, a sentire altri, «i blockbuster americani hanno dalla loro il budget, divorano il mercato, qui è impensabile fare cose del genere». La verità? Sta nel mezzo. Nel 2018 troppi titoli italiani sono usciti in sala, e un’altrettanti non hanno raggiunto, al botteghino, nemmeno la quota base di 500 mila euro. Al netto della qualità artistica, sono finiti nell’oblio più profondo molti ottimi titoli, da Tito e gli alieni con Valerio Mastandrea (potete recuperarlo su CHILI) a Figlia mia di Laura Bispuri. Cifre da brividi, considerando il dispendio economico (anche statale) e lavorativo che sta dietro la macchina produttiva.

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Alessandro Borghi, Tania Garribba e Alessio Lapice ne Il Primo Re.

Così, unendo i puntini e le varie(gate) correnti di pensiero, l’equilibrio tra fatti e slogan si ferma a metà strada: di bravi, in Italia, ce ne sono, e sono quelli che, pur non avendo il budget di Avengers, hanno le idee di un cinema nuovo costruito però sulla nostra tradizione. Senza addentrarsi in impervie strade che finiscono, ahinoi, nel ridicolo. Dunque, un cinecomic, qui, non poteva che essere ambientato a Tor Bella Monaca. O, un film di corse, poteva avere solo l’accento romagnolo. Perché, se Sorrentino, Garrone e Bellocchio sono fuori serie (senza scordare Luca Guadagnino, le sorelle Rohrwacher o i Manetti), il carico di responsabilità pendente sta tutto nelle mani di due registi romani: Gabriele Mainetti, impegnato con Freaks dopo gli applausi a Lo chiamavano Jeeg Robot, e Matteo Rovere, che a tre anni dal rombo di motore di Veloce come il vento, torna in sala il 31 gennaio con Il Primo Re.

Ancora Borghi in un’altra scena del film.

Cosa aspettarsi? Una pellicola enorme. Per intenti, idea e storia. Prodotto da Rai Cinema, Groenlandia, Roman Citizen e la belga Gapbusters, il film di Rovere è ambientato nel 753 A.C. e ha per protagonisti Romolo e Remo. Dalla loro leggenda e dalla loro verità, tra sangue e fango, nascerà Roma. Nei panni di Remo, Alessandro Borghi, in quelli di Romolo, Alessio Lapice. Come fece Mel Gibson per Apocalypto, anche Il Primo Re è girato in una lingua arcaica, un latino embrionale, in questo caso, e il primo trailer è pervaso da una cornice sporca, selvaggia e violenta, con una bellissima fotografia naturale, Daniele Ciprì a firmarla, che richiama quella di Emmanuel Lubezki per Revenant.

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«Quando Remo si rese conto che il fratello si era preso gioco di lui…».

«Sono orgoglioso, emozionato ed immensamente felice di annunciarvi l’uscita di una delle esperienze lavorative ed umane più incredibili della mia vita. È difficile da spiegare. Lo capirete quando sarete seduti al cinema insieme a noi», ha scritto su Instagram lo stesso Borghi. Del resto, lontano dal formalismo da peplum, Il Primo Re punta ad essere il caso cinematografico italiano dell’anno. Perché, questa volta, davvero può arrivare in sala qualcosa di diverso, che si rifà alla grandezza di Hollywood (anche perché da loro bisogna prendere spunto) pur mantenendo lo spirito tradizionale e culturale italiano. Facendo delle maestranze, della sceneggiatura e della messa in scena qualcosa di indispensabile. Sembra scontato, quando si parla di una cinematografia come quella italiana, ma spesso il concetto viene, più o meno, dimenticato. Dunque, torniamo al quesito di inizio articolo: come sta il cinema italiano? Dopo Il Primo Re, probabilmente, starà molto meglio.

Qui il trailer de Il Primo Re:

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