ROMA – In fondo è (sempre) una questione di promesse. Promessa di redenzione, di vendetta, di libertà. Così, dopo due film, la saga creata da Chad Stahelski e Derek Kolstad, con il terzo capitolo uscito nel 2019 è diventata un franchise improvvisamente fondamentale tra i film d’azione. E non solo, dato che, pur con le dovute misure, John Wick 3: Parabellum – ora potete recuperarlo in streaming su Netflix, Prime Video, NOWtv – è destinato negli anni a diventare un classico del cinema ambientato a Manhattan e dintorni, tra rimandi a Fuga da New York, Il Braccio Violento della Legge o la Gotham notturna ripresa da Kathryn Bigelow – cara amica di Keanu Reeves dai tempi di Point Break – in Blue Steel.
Dunque, nessuna esagerazione, ma puro spettacolo ultra pop in cui l’anti-eroe John Wick – vero e proprio last action hero – partendo da una Times Square zuppa di pioggia colorata dal viola e dal bianco dei neon in stile Blade Runner, corre fino alla New York Public Library, cercando un libro di antiche fiabe russe (!). ll Mr. Wick silenzioso e crepuscolare di Keanu Reeves, nel terzo atto, non può fermarsi. Non deve fermarsi. Corre lontano da qualcosa, corre verso qualcuno. L’unica cosa che può fare, inseguito da tutti i criminali di Manhattan. C’è una taglia, è stato scomunicato, non ha più protezione, nemmeno all’Hotel Continental, dove resta ad aspettarlo Winston (Ian McShane, sempre perfetto con il suo ghigno da villain).
Allora, a John Wick, non resta che correre. Corre a cavallo, corre in moto, da Chinatown al Manhattan Bridge. Essenzialmente, Parabellum (attenzione al titolo: «Si vis pacem, para bellum», «se vuoi la pace, prepara la guerra», dal detto latino che racchiude il senso dei film), è l’elogio massimo alla fisicità del cinema, l’estrema espressione dell’azione senza la parola e senza la musica. Addirittura anche durante i combattimenti di cui il film è pieno. Botte, spari, colpi, orchestrati come fossero balletti, dove solo uno dei due (o più) partner resta in piedi. Ovviamente, John Wick resiste a tutto, non serve dirlo altrimenti non ci sarebbe stato John Wick 4.
Spinto dalla rabbia cieca di cercare giustizia per sua moglie, per la Mustang del ’69, per quello che «no, non era solo un cane». Dunque, se la musica e le parole sono assenti e superflue, in Parabellum va in scena una commedia dell’assurdo di cui, follia dopo follia, non possiamo fare a meno. Se i personaggi che entrano nel mirino di John sono l’abbozzo di un quadro più grande, le cornici su cui giostrano sono protagoniste assolute: dopo Roma, ecco Casablanca, dove John, in fuga, sarà aiutato da Sofia (Halle Berry) e dai suoi due bestiali (ma adorabili) cani da guardia.
Quasi a suggerire che la città tanto violenta degli Anni Ottanta è ancora lì, pronta a farsi strada, a (ri)tornare in superficie, mischiandosi tra la folla della Grand Central Station. Del resto, nella saga di Stahelski (non a caso artista marziale prima del cinema), non c’è il confine netto tra buoni e cattivi, eppure è facile scorgere, in mezzo al sangue, ai coltelli e ai calibri pesanti, una sensazione rimarcata tra la giustizia e gli sbagli. Che non possono essere perdonati. Perché John Wick, malinconico e letale, è tornato. In un classico che farà la storia del genere. Vedere per credere.
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