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Inferno Rosso. Joe D’Amato sulla via dell’eccesso | Storia di un’ossessione chiamata Cinema

Manlio Gomarasca e Massimiliano Zanin raccontano il loro documentario presentato a Venezia 78

Inferno Rosso. Joe D'Amato sulla via dell'eccesso
Inferno Rosso. Joe D'Amato sulla via dell'eccesso

VENEZIA – Produttore, regista, autore, elettricista, operatore e direttore della fotografia. Aristide Massaccesi, in arte Joe D’Amato, è stato uno dei registi più prolifici del cinema italiano di genere. Dagli spaghetti western allo sci-fi, dall’horror al porno. Uno, nessuno, cento generi racchiusi in un autore solo. Una vita coraggiosa, folle, spericolata dedicata a una sola, unica, incontenibile e catastrofica ossessione: il set cinematografico. Manlio Gomarasca e Massimiliano Zanin ne ripercorrono la carriera in Inferno Rosso. Joe D’Amato sulla via dell’eccesso, documentario protagonista delle Proiezioni speciali di Venezia 78 presentato da Nicolas Winding Refn e ricco di interventi di registi come Lamberto Bava, Ruggero Deodato, Alberto De Martino, Jess Franco ed Eli Roth. Un documentario che vuole cancellare l’etichetta riduttiva di “re del porno” e sottolineare la profonda importanza che D’Amato ha avuto per il cinema di genere italiano. Una Supernova, come lo chiama Refn, che ha dedicato la sua vita al cinema, sua unica, grande ossessione.

ONE MAN SHOW «Joe è stato molte cose. È stato un d.o.p all’inizio, poi è diventato un regista e produttore. Ha diretto un’infinità di film diversi partendo dagli spaghetti western ai war movie passando per il decamerotico, il soft core elegante e poi ancora, lo sci-fi e il porno. Quello che ho amato davvero di lui è stata l’ossessione che aveva per il suo lavoro, per lo stare sul set e fare film uno dopo l’altro. Specie nella prima parte della sua carriera si può riconoscere il suo tocco nei film a cui ha lavorato. Era diverso dagli altri registi. Venendo dalla fotografia, sapeva come fare tutto da solo. Era un one man show. Poteva realizzare ogni scena da solo».

Inferno Rosso. Joe D'Amato sulla via dell'eccesso
Una scena di Inferno Rosso. Joe D’Amato sulla via dell’eccesso

IL PORNO «Non gli interessava molto quella parte della sua carriera. Negli anni Novanta è stato costretto a tornare a fare porno perché la sua compagnia è andata in bancarotta. Ricordo che all’epoca non era affatto felice. Arrivò a realizzare 25 porno all’anno e quando ci ritrovammo a parlare di questa cosa mi disse che li faceva solo per fingere di fare ancora cinema. Ma quello per lui non era cinema».

UNA STORIA D’AMORE «Volevamo cancellare l’idea che Joe D’Amato fosse il re del porno perché è stato tante cose. Volevamo mostrare il suo lato umano perché era una persona fantastica. Ti seduceva con il suo sorriso. Volevamo mostrare questo suo aspetto inedito, parlare degli altri film che aveva fatto e della sua ossessione per il cinema. Volevamo provare a trovare quel fil rouge per raccontare la sua storia d’amore con il cinema. Un uomo che ha sacrificato tutto per il cinema, compresa la sua famiglia».

Un’immagine di Inferno Rosso. Joe D’Amato sulla via dell’eccesso

L’EREDITÀ «Non è mai diventato un vero nome nella fotografia perché ha deciso di fare il regista. A differenza di altri suoi colleghi non è mai stato considerato un Maestro. Ma credo che la sua “vendetta” ed eredità si chiami Daniele Massaccesi, suo figlio, che sta lavorando a Matrix 4».

LA LIBERTÀ «La storia di Joe D’Amato è importante perché nella sua carriera ha affrontato un’infinità di generi e guardando ai suoi film si può conoscere la Storia del cinema italiano di genere. È stato l’unico, perché gli altri si sono concentrati solo su un genere. Oggi quei film sono importanti perché realizziamo che all’epoca c’era una libertà di fare cinema che oggi manca».

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