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Il mio nome è Nessuno | Terence Hill, Henry Fonda e una nuova generazione di western

Diretto da Tonino Valerii, seconda linea di Sergio Leone, il film è arricchito dalle musiche di Morricone

il mio nome è nessuno

MILANO – La faccia da schiaffi del giovane Terence Hill (nei panni di un personaggio ricalcato sul Trinità che tre anni prima aveva consacrato la coppia Pedersoli-Girotti) incontra il mostro sacro Henry Fonda grazie al demiurgo dello spaghetti western Sergio Leone, con imprescindibile commento musicale di Ennio Morricone. A dirigerli è di Tonino Valerii, già seconda linea di Leone e regista de I giorni dell’ira, anche se qualcuno ha insinuato il fondato sospetto (non accreditato ufficialmente) che alcune sequenze, di questo singolare e interessante film, tra cui il decisivo duello, siano state girate dallo stesso Leone. Una folle e semi-seria operazione questo Il mio nome è nessuno (lo trovate su CHILI), ma riuscitissima.

Il mio nome è Nessuno
Terence Hill in una scena di Il mio nome è Nessuno

Si tratta di un meta-western che si autoassegna – siamo nel nel 1973 –  il compito di certificare l’ormai avvenuto passaggio di consegne tra la vecchia generazione del western americano e quella nuova, anzi nuovissima, che non si limita solo ad assecondare il movimento crepuscolare del genere (che però stava conservando la virilità classica), ma insinua un cambiamento più radicale e anche geografico del west: dal variegato Ovest statunitense al caldo Sud nelle ambientazioni, dagli USA all’Italia-Spagna nelle produzioni. Uno sberleffo in cui il western non è più un mondo da interpretare per cercare le proprie origini o la genealogia dei propri valori, ma un mero spettacolo che è “mezzo e fine di se stesso” – e sicuramente gli autori avevano letto il famoso saggio di Debord del ’67 – che ribalta la realtà (come il fotografo nel duello finale) e organizza scenari fittizi per consacrare i suoi eroi e dar loro un posto nella Storia.

Henry Fonda è Jack Beauregard

Nessuno (Terence Hill) è il nuovo antieroe dello spaghetti western (che qui per certi versi è fagioli western): rapidissimo con la pistola e abile schiaffeggiatore, non usa le sue doti per farsi eroe civile, ma vive alla giornata dormendo dove capita e inserendosi nelle diatribe tra le varie bande rivali per prendersi gioco di loro e sgraffignare qualche banconota, oltre a ingozzarsi con birra, whisky e le famigerate padelle di fagioli. E’ un astuto individualista (nel senso rinascimentale di “uomo che costruisce il suo destino”) e perdigiorno in un mondo di assassini delinquenti, ma a differenza dell’uomo senza nome interpretato pochi anni prima da Clint Eastwood, escogita i suoi trucchetti divertendosi un mondo, con la sottile spensieratezza di chi è sicuro di sé e non deve niente a nessuno. Il suo idolo vivente è Jack Beauregard (Henry Fonda), un vecchio pistolero in grado di uccidere tre uomini con un solo proiettile, una leggenda del west in carne ed ossa, ormai stanca e sempre più decisa al buen retiro in Europa. I protagonisti non vivranno una vera e propria avventura, ma incroceranno una serie di eventi grazie all’abile macchinazione di Nessuno (anche in questo in tutto e per tutto figlie di Eastwood), per Jack una specie di stalker, ma dotato di un’astuzia degna di Ulisse (a cui ruba l’idea del nome).

Il mio nome è Nessuno
Una scena di Il mio nome è Nessuno

Il tono è quello della commedia, e se gli sketch sono divertenti, distraggono solo per un po’ dall’edificio generale che il regista sta costruendo, del tutto comprensibile solo alla fine del film, ma sin da subito evidentemente ambiguo nei modi e nei toni, sempre sul confine tra l’ossequioso e il dissacrante nel dialogare con i film e gli autori che cita. E così il nome Peckinpah è inciso su una lapide (pare ci siano state divergenze con Leone ai tempi di Giù la testa) e il suo machissimo “mucchio selvaggio” dà il nome al ridicolo assembramento di centocinquanta uomini e cavalli sempre di corsa contro cui Nessuno vuole far scontrare Bauregard. Ma non viene risparmiato neanche C’era una volta il west, di cui mancano il senso dell’onore e il maestoso e drammatico realismo: sebbene Il mio nome è Nessuno sia sostanzialmente un grosso tributo a quel film dal punto di vista della regia (la presenza di Fonda, le triangolazioni, i giochi di specchi etc.) c’è un momento in cui il concetto di vendetta – motore di quel western di Leone – viene ridimensionato, quasi dileggiato, segnando una retrocessione della questione morale rispetto al denaro e alle ambizioni personali o veniali.

Terence Hill in Il mio nome è Nessuno

L’ambientazione nel 1899, ultimo anno del secolo passato, sembra suggerire un nuovo atteggiamento; un mondo è terminato, i suoi valori sono decostruiti e ne rimane solo l’ombra sotto forma di massima di vita da dire al bar o durante una partita a biliardo; ora è tutto più leggero, scivoloso, eroe in definitiva è chi se la cava senza farsi mettere troppo i piedi in testa da altri e le leggende sono roba da raccontare senza crederci troppo. Lo stesso vale per gli umani, un po’ più umani e un po’ meno dèi, più vicini all’uomo post-moderno che vive del quotidiano, non di grandi ideali. Per questo è interessante notare come la colonna sonora del maestro Morricone da un lato richiami la solennità delle sue più riuscite colonne sonore western (è un film di genere), dall’altro sembri anticipare la leggiadria quotidiana che sentiremo nel suo commento musicale di Un sacco bello di Carlo Verdone, commedia del 1980, guarda caso anch’essa fortemente voluta da Leone.

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Qui potete ascoltare un brano della colonna sonora:

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