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Genesi di un cult | Come L’Esorcista riuscì a diventare un fenomeno di costume

In cui si racconta come un fatto realmente accaduto venne trasformato da uno scrittore in un capolavoro

«Un cofanetto assiro d’avorio, con l’occorrente per la toletta. E resti umani. Ossa umane. Gli avanzi friabili dell’angoscia cosmica che in un tempo lontano lo avevano indotto a chiedersi se la materia non fosse Lucifero brancolante verso i cieli per tornare al suo Dio». Quando si cita L’esorcista ci si riferisce (quasi) sempre al cult di William Friedkin interpretato da Linda Blair, ma in realtà la pellicola deve la sua origine all’omonimo romanzo firmato da William Peter Blatty che, nel 1971 – ovvero addirittura tre anni prima dell’uscita del film nelle sale italiane, il 4 ottobre del 1974 – scrisse quello che sarebbe diventato il suo capolavoro, ispirandosi a un fatto realmente accaduto.

William Peter Blatty, l’autore del libro da cui fu tratto L’esorcista.

La trama de L’esorcista è nota: la dodicenne Regan (Linda Blair), figlia dell’attrice Chris MacNeil (Ellen Burstyn), inizia a manifestare strani comportamenti che diventano via via sempre più aggressivi. Dopo aver tentato di curarla con la psichiatria, la madre decide di rivolgersi alla Chiesa per ottenere un esorcismo, praticato da due sacerdoti che riescono a salvare Regan al prezzo della loro vita. Reduce da una carriera di sceneggiatore, tanto che negli anni Sessanta aveva firmato addirittura lo script di Uno sparo nel buio con Peter Sellers, Blatty per scrivere L’esorcista prese ispirazione da una reale storia di possessione, accaduta all’inizio degli anni Cinquanta a un tredicenne di Cottage City, nel Maryland: Roland Doe.

Il regista William Friedkin spiega una scena a Linda Blair durante le riprese.

Cos’era accaduto a Roland? In seguito alla morte della zia, che lo aveva iniziato all’uso della tavola ouija – che sarebbe poi diventato un altro film, Ouija, ma quella è un’altra storia –  il ragazzino aveva cercato più volte di contattarla utilizzando lo strumento e producendo una reazione a catena che, dapprima, scatenò strani fenomeni in casa, successivamente si concentrò su di lui, provocandogli una vera e propria possessione. Roland venne sottoposto a oltre trenta esorcismi che non gli portarono alcun miglioramento ma, al contrario, lo fecero diventare sempre più violento e incontrollabile, aggredendo i sacerdoti che si occupavano di lui.

Ancora Friedkin prima di una ripresa sul set de L’esorcista.

Alla fine si optò per una terapia d’urto: i religiosi decisero di battezzarlo e somministrargli la comunione con la forza e, dopo qualche giorno, il ragazzo tornò in sé e non manifestò più alcuna possessione. Questa storia, documentata minuziosamente nei diari dei sacerdoti che si occuparono dell’esorcismo, affascinò Blatty, che la utilizzò come materiale di base per scrivere il romanzo. Ma, riletto oggi, qual è la vera forza di quel romanzo? Lo stravolgimento della psicologia classica dei personaggi: una bambina che si trasforma in mostro, un sacerdote scettico e tormentato nonché il cliché della casa infestata che grazie a Blatty assume contorni agghiaccianti quando ci si rende conto che non è l’abitazione a essere posseduta, bensì uno dei suoi abitanti, quello più piccolo e indifeso.

In tutto questo caos spicca la figura pacata e indomita di Padre Lankester Merrin (nel film un enorme Max Von Sydow), attraverso le cui parole viene svelata la reale natura del diavolo: «Il demone è bugiardo. Mentirà per confonderci, ma alla menzogna unirà la verità per attaccarci, per colpirci». Parole potenti in cui è racchiusa quella che è forse la paura più primordiale dell’essere umano, che il romanzo di Blatty ha avuto il potere di amplificare: la paura del Male.

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