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Anarchico, disturbante, folle e estremo: perché amiamo il cinema di Gaspar Noé

Al Milano Film Festival vedremo il nuovo film, Climax. Ecco perché dovete farvi trovare pronti…

climax
Il surreale cameo di Gaspar Noé in Climax.

Una delle visioni più convulse e perturbanti che siano mai state tradotte in immagini, due ore e mezza di apnea, di buio nero, di percezioni e suggestioni che portano la firma di Gaspar Noé, che con il cinema si pone l’obiettivo di sfogare tutti i suoi incubi, le sue ossessioni, le sue malattie, scioccando lo spettatore ipnotizzato dall’esperienza sensoriale, forte, indubbiamente violenta. Enter The Void non si dimentica, che piaccia o meno.

Paz de la Huerta in Enter The Void.

Oscar ha vent’anni, vive a Tokyo con una sorella spogliarellista ed è un tossicodipendente e uno spacciatore. I loro genitori sono morti in un incidente quando erano piccoli ed entrambi erano presenti: testimoni della morte, l’hanno vista negli occhi e ora ci vanno incontro, immobili, drogati, dipendenti. Non c’è uno spiraglio di luce nel cinema di Noé, dai titoli di testa scheggiati a velocità impazzita allo stile asfissiante, caleidoscopico e psichedelico, fondato su numerose soggettive riprese aeree, con la macchina da prese sempre in movimento e i protagonisti sempre affannati e disperati.

Una scena di Love, altro film controverso.

Il regista, nato a Buenos Aires, porta alle estreme conseguenze il pessimismo di un Lars von Trier sotto acido e la poetica carnale di Darren Aronofsky, che rischiano di fare la figura di due scolaretti della trasgressione se paragonati all’estetica e alla filosofia di questo cineasta pazzo e senza limiti. Nel 2002 Irreversible scandalizzò il Festival di Cannes, con quella scena dello stupro di Monica Bellucci che rimane ancora oggi di una potenza sconvolgente, allucinata, uno dei momenti cinematograficamente più estremi d’inizio millennio. Ma Irreversible aveva uno sviluppo narrativo, seppur anticonvenzionale, con una fine e un inizio. Enter The Void, invece, è anarchia assoluta, conseguenza di una distorsione mentale forse proprio irreversibile.

Monica Bellucci in Irréversible.

Per Noé la sostanza si confonde con la forma e viceversa, mentre il male non si confonde mai con il bene, perché il bene non esiste. Dentro il vuoto, dentro il vortice, l’essere umano spaccia, si droga, si riproduce e muore. Se si accetta il gioco con la giusta predisposizione d’animo, il cinema di Noé coinvolge e sorprende, perché il talento visivo è incommensurabile e la spietata descrizione dell’esistenza è supportata da una fucina di idee registiche che arricchirebbero la filmografia di molti autori europei sopravvalutati.

Una scena di Climax.

Bisogna accettare la sfida, altrimenti la sensazione di fastidio potrebbe prevalere, sappiatelo: Noé eccede tutto ciò che è moralmente accettabile, sfondando talvolta addirittura le barriere della pornografia (per esempio, l’incredibile soggettiva di un utero durante una penetrazione). Nonostante tutto, dopo un film di Noé, la sensazione finale è quella di aver vissuto nella mente di un geniale, coraggioso e sincero baluardo della libertà d’espressione.

Qui un assaggio di Climax:

 

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